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Intervista a Giacomo Falconi [a cura di Francesca Felici]

Giacomo Falconi è un traduttore tecnico/editoriale, socio AITI specializzato in autori lusofoni e ispanofoni. Gestisce a Roma un gruppo di lettura chiamato Letture Lusofone, che promuove la diffusione della letteratura e della cultura lusofona in Italia. Si occupa di traduzione da quindici anni, da molti punti di vista: traduce per svariate case editrici, insegna traduzione specializzata all’Università di Bologna e pubblica opere tradotte in formato digitale con il marchio Edizioni Wordbridge.

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Abbiamo rivolto alcune domande a Giacomo Falconi a partire dalla sua duplice veste di traduttore tecnico ed editoriale.

La traduzione tecnica e letteraria richiedono approcci diversi nei confronti del testo. Tu, che sei traduttore tecnico e letterario, come riesci a conciliare il tuo lavoro in entrambi i campi? Come ti organizzi? Hai un modus operandi differenziato?

La traduzione tecnica e quella letteraria sono due mondi a sé, che richiedono approcci completamente diversi. Un qualunque progetto tecnico ha tempi molto rapidi, richiede il rispetto di una serie di vincoli da parte del cliente, l’uso di materiali di riferimento convalidati e di altri “paletti” che limitano l’intervento personale del traduttore. La maggior parte della mia giornata lavorativa è dedicata a questo tipo di progetti, le consegne sono spesso serrate, con contatti frequenti con il cliente, pertanto non mi permettono di dedicarmi ad altro. La sera è invece il momento che posso dedicare alla traduzione letteraria, in cui posso muovermi più liberamente senza scadenze pressanti o vincoli da rispettare. È il momento della tranquillità, della fantasia e dell’invenzione.

Che tipo di preparazione e competenze ritieni necessarie per lavorare nel campo della traduzione tecnica e in quello della traduzione letteraria?

Il traduttore tecnico odierno deve essere prima di tutto un esperto delle nuove tecnologie: l’uso dei CAT tools, della MT e delle risorse presenti in rete è fondamentale per svolgere un lavoro in modo professionale e nei tempi previsti. La conoscenza dei linguaggi settoriali, la capacità di adattamento e un’elevata produttività giornaliera sono competenze imprescindibili per sopravvivere in questo campo, in cui la concorrenza è spietata.

Il traduttore editoriale deve possedere una sensibilità linguistica non comune, tale da consentirgli di cogliere appieno il messaggio che deve trasmettere, in tutte le sue sfumature. Si tratta di una competenza che può essere migliorata con lo studio e la pratica, ma ritengo che ci sia bisogno anche di una predisposizione naturale per questo lavoro, basato su una profonda passione per la letteratura, unita a grandi dosi di umiltà. Un traduttore orgoglioso o vanitoso vorrà lasciare la propria impronta sul testo e finirà per sostituirsi all’autore, commettendo quello che è forse il peccato più grave per chi fa questo mestiere.

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Secondo te c’è oggi più visibilità per i traduttori letterari rispetto al passato?

Sicuramente rispetto a qualche anno fa i traduttori letterari sono più visibili, grazie al fiorire di percorsi universitari incentrati sulla figura del traduttore, al lavoro costante del sindacato STRADE e ad associazioni come AITI, che cercano di sensibilizzare i lettori sull’importanza di avere tra le mani una traduzione di qualità. La maggiore visibilità non è però direttamente proporzionale a un incremento delle retribuzioni, che restano estremamente basse, anche a causa della profonda crisi del settore, quest’anno ulteriormente danneggiato dall’emergenza Covid.

Durante la quarantena ho avuto l’onore di cominciare a lavorare insieme a te a un progetto culturale volontario che unisce scrittori e artisti portoghesi. Potresti raccontarci qualcosa e perché ti sei offerto di partecipare?

In questo periodo di clausura forzata, che per un traduttore è la normalità, ho assistito alla nascita di un progetto, denominato Bode inspiratório (Capro ispiratorio), che ha riunito 46 scrittori e artisti plastici di lingua portoghese. Ne è nato un romanzo, che richiama il cadavere squisito caro ai surrealisti, i cui capitoli sono stati pubblicati a cadenza giornaliera. A seguito della pubblicazione della traduzione in francese, spagnolo, inglese e olandese, a opera di un unico professionista o di un gruppo di traduttori, ho avvertito l’urgenza di dare anch’io il mio contributo. Quindi, mi sono unito con entusiasmo al progetto di traduzione italiana che avevi già ideato, per consentire ai lettori italiani di godersi gratuitamente le vicende di Teresa, Ricardo, Cacilda e Reboredo.

Tra i libri che hai tradotto, ce n’è uno che occupa un posto speciale?

Pur essendo ormai specializzato in autori lusofoni e ispanofoni, qualche anno fa mi sono occupato della traduzione italiana di “The Seed and the Sower” (Il seme e il seminatore) di Laurens Van Der Post, un’opera che affronta il tema dell’omosessualità all’interno di un campo di prigionia giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale, da cui è stato tratto un film eccezionale, diretto da Nagisa Oshima, con David Bowie e Ryuichi Sakamoto. Grazie alla piccola casa editrice digitale che curo insieme alla collega Michela Guardigli, sono riuscito a portare in Italia questo romanzo, a cui tengo davvero moltissimo.

E tra quelli che non hai tradotto tu, ce n’è uno che avresti voluto tradurre?

Mi sarebbe piaciuto molto potermi occupare di “O da Joana” (Quello che è successo a Joana) di Valério Romão, uno degli autori portoghesi coinvolti nel progetto Bode inspiratório, ma sono arrivato tardi, quando i diritti erano ormai già stati ceduti. Della traduzione si è occupato Vincenzo Barca (uno dei più importanti traduttori lusitanisti italiani) per Caravan Edizioni, realizzando una traduzione decisamente migliore rispetto a quella che avrei potuto fare io.

Grazie Giacomo Falconi e buon lavoro!

I lettori possono conoscere il progetto culturale portoghese Bode inspiratório (Capro ispiratorio), di cui abbiamo parlato nell’intervista, qui dove sono pubblicate anche tutte le traduzioni (francese, spagnolo, inglese, olandese e italiano), e qui. Quando ho scoperto questo progetto, grazie a un’amica brasiliana, Nara Vidal, scrittrice invitata a parteciparvi, sono rimasta affascinata dall’iniziativa perché mi interesso da tempo alla libroterapia (in portoghese biblioterapia), che promuove il potere curativo della letteratura. Sono stata accolta con grande entusiasmo dalla coordinatrice del progetto, Ana Margarida de Carvalho, e sono stata felice di poter collaborare con Giacomo che conoscevo dal Gruppo di Letture Lusofone. Vi invito a conoscere il progetto!

Francesca Felici

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