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Intervista a Laeticia Abihssira (a cura di Atina Olivieri)

Laeticia Abihssira si è laureata in Traduzione e Interpretazione presso l’Università di Murcia e ha conseguito un Master in Traduzione Specialistica e l’abilitazione all’insegnamento. È Dottoressa in Traduzione e Interpretazione presso l’Università di Murcia e la sua ricerca si occupa dello studio della creatività e della personalità applicate al processo di traduzione. Le sue lingue di lavoro sono spagnolo, francese, italiano, inglese, portoghese, catalano e arabo ed è specializzata in campo biosanitario, legale e turistico. Attualmente è a capo del dipartimento di traduzione di una società di traduzione e tecnologia in cui coordina più di 4.000 traduttori e interpreti. Tuttavia, il suo lavoro di mediazione interculturale non si limita a questo; insegna presso l’Università Alfonso X el Sabio e l’Università di Alcalá de Henares. Ha tenuto lezioni presso centri come l’Università Interamericana del Messico, la Camera di Commercio Italiana a Madrid, l’EMSO di Grau-Piura (Perù), l’Istituto Universitario di Puebla (Messico), l’Università di Murcia, l’Università di Alicante e l’Università di Almería.

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Grazie Laeticia, per aver accettato il mio invito.

È un piacere.

Ti seguo da pochissimo tempo, eppure ti ho trovato da subito molto interessante perché puoi offrirci molteplici prospettive ed esperienze grazie ai diversi ruoli che ricopri, tutti attorno alle parole. Quante lingue parli?

Grazie mille. Ho avuto la fortuna di vivere in un ambiente multilingue, le mie prime lingue sono il francese e lo spagnolo, successivamente ho imparato l’inglese, che considero essenziale, l’arabo, il catalano e da poco il portoghese. Inoltre, ho avuto modo di familiarizzare con l’italiano per motivi personali.

Quali sono le combinazioni linguistiche con cui lavori?

In generale ES< >FR , EN/IT/PT/CA/AR>ES/FR. Negli ultimi anni noto che è molto richiesto il francese, ma anche il tedesco.

Già che ci sei, potresti aggiungerlo…

(ride) Se solo avessi tempo! Il lavoro mi assorbe totalmente, anche se è giusto imparare a saper dire di no! Soprattutto quando sei un freelancer, è fondamentale stabilire degli orari e una routine che preveda anche momenti di svago.

Verissimo, anche se questo si impara col tempo. Partirei con una curiosità, che sono sicura sarà condivisa da molti del settore. Come ti approcci a un testo, in veste di traduttrice? Quali sono gli strumenti che usi?

Memsource e Trados, dizionari monolingua, glossari, testi paralleli e suggerisco anche l’uso di dizionari specialistici.

Domanda di rito: Secondo la tua esperienza, che consiglio sentiresti di dare a un traduttore, magari all’inizio della propria carriera?

Spesso si sottovaluta l’importanza della revisione, quindi, per quanto possibile, soprattutto all’inizio, consiglio di investire a tale scopo parte del guadagno ricavato dalla traduzione effettuata. Sarà anche sfavorevole in termini economici, ma è sicuramente vantaggioso nel contesto generale, perché è un’ulteriore occasione formativa: se ti affidi a un professionista (come si spera), si innalza la qualità della traduzione. Inoltre, stai pagando un servizio del quale il tuo cliente sarà soddisfatto, e ciò aumenterà le possibilità che questo cliente ti ingaggi di nuovo.

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Borges diceva “El original es infiel a la traducción“, come revisore quando consideri “perfetta” una traduzione?

Quando corrisponde a determinati criteri: bisogna considerare la terminologia, l’ortografia, se la grammatica è corretta, se il significato e l’intento dell’autore si riflettono adeguatamente nel testo tradotto. Per fare ciò è essenziale la concentrazione: il lavoro del revisore non è affatto creativo, ma ha un punto di partenza fisso, ovvero la traduzione stessa.

Com’è percepita la figura del traduttore in Spagna?

Dipende molto dall’ambito in cui ci si muove. Quando dico che sono un’interprete, di rimbalzo ricevo sempre le stesse battute “Ah, sei un’attrice!” oppure “Ah, sei una spia!” dato che parlo molte lingue. Mi è stato anche chiesto se fosse possibile vivere di questo, siccome non ci sono tariffe prestabilite. Se sei un freelancer, o sei particolarmente fortunato, oppure hai bisogno di un po’ di tempo – circa un anno – per trovare dei clienti fissi, spesso fai contemporaneamente due lavori, e solitamente alla traduzione si affianca l’insegnamento.

E tu, cosa preferisci? Forse dipende dalla traduzione a cui ti dedichi, se ti piace o meno…

(sorride) Non lo so. Il vantaggio della nostra professione è avere a disposizione un’ampia scelta di tematiche; per ragioni di privacy non posso dire di cosa mi sto occupando in questo momento, però mi è capitato di controllare testi legati ad ambiti molto particolari. Ma è giusto così, infatti ai miei alunni offro svariati spunti di riflessione e di traduzione a livello linguistico, affinché siano in grado di adattare diversi registri, anche più bassi e “volgari”.

Prima mi parlavi di momenti di svago. Riesci a ritagliarti un po’ di tempo per te?

Ora ci provo, prima era più complicato. Dire sempre di sì può avere degli effetti molto negativi sulla salute, di meno sulla qualità del lavoro. Se sei un professionista molto esigente, impieghi tutte le

energie nel lavoro, ma ti “rovini” la vita. A questo proposito, uno studio all’interno della mia tesi di dottorato ha evidenziato che c’è un’altissima e preoccupante percentuale di traduttori che soffre d’ansia, un dato che non mi sorprende, se consideriamo scadenze, richieste da parte dei clienti, aspettative ed esigenze che imponiamo a noi stessi. Questo tipo di lavoro ci porta a contatto con tantissimi clienti e bisogna imparare a gestire in modo corretto le relazioni, soprattutto a livello emotivo. In effetti, a inizio carriera, risulta complicato mantenere un equilibrio, perché il traduttore spesso vive un’instabilità emotiva che lo porta ad essere oltremodo felice per una bella notizia ricevuta o particolarmente giù di morale in seguito a lamentele da parte dei clienti.

Come imparare a gestire queste ultime?

Faccio una doverosa premessa a beneficio di chi ci legge. Ovviamente non voglio assolutamente essere netta e divisiva, ma bisogna avere ben chiaro che ci sono, a grandi linee, due tipologie di clienti: coloro che ignorano totalmente ciò che fai e altri in qualche modo “chiusi” in gusti stilistici che spesso nascono da “credenze” errate. Sai, la storia cliché del cugino che ha vissuto cinque anni in Inghilterra…

E con il suo inglese fa impallidire la Regina Elisabetta?

Esatto, e non solo. In questo caso, si accoglie la “critica” o la lamentela del cliente, con cui è importante stabilire una connessione fatta di scambi e discussioni: per quanto mi riguarda voglio sapere esattamente il punto in cui si ritiene che io abbia sbagliato, per cercare una soluzione o possibili soluzioni. Spesso il cliente non ha ragione, però è sempre giusto confrontarsi per comprendersi. Solo così possiamo controllare le nostre emozioni. Mi preme insistere su questo punto perché troppo spesso la componente emotiva viene trascurata. Di fronte a una lamentela, la stabilità emotiva ne esce svilita. Sai, abbiamo rilevato che, rispetto ad altre professioni, quella dei traduttori è molto più bassa. Ti dirò di più, so che questo può risultare un po’ maschilista, ma la stabilità emotiva delle donne risulta molto inferiore rispetto a quella degli uomini.

Perché?

Influiscono molti aspetti, uno tra questi è il fattore ormonale. Il dato potrebbe essere più alto anche perché la maggior parte dei traduttori sono donne. Ad ogni modo, esserne coscienti ci permette di usarlo a nostro favore, riconoscendo che un intoppo non è altro che qualcosa che può essere risolto in modo professionale. Tuttavia, a livello di intelligenza emotiva, le donne presentano un livello più alto rispetto agli uomini.

In qualità di revisora, ti troverai spesso a fronteggiare queste situazioni.

Molto spesso, è importante però tenere sempre a mente che dietro a un progetto c’è una persona!

A proposito dell’individualità, mi vengono in mente i tuoi studi sulla creatività e sulla personalità applicate alla traduzione. Cosa puoi raccontarci in merito?

La variabile della creatività ha catturato la mia attenzione da subito. È un tema relativamente nuovo, con una bibliografia sostanzialmente recente. È stato un lavoro lungo perché fatto “su strada”, un esperimento che ha coinvolto circa 130 traduttori operanti nella combinazione EN > ES. Dopo un test sulla personalità, il Big Five, i partecipanti hanno svolto una prova di creatività (CREA), che prevedeva tre attività diverse.

Cosa è emerso?

Sebbene i risultati non siano definitivi, secondo lo studio effettuato, una personalità meno empatica tendeva a una traduzione più precisa nei testi divulgativi, mentre un profilo mentalmente più aperto offriva soluzioni più creative in testi letterari.

Questo lavoro ti ha aiutato anche a conoscerti meglio come traduttrice?

Sì. Quando ho fatto il test anni fa, il mio profilo si adattava meglio a testi divulgativi. Tuttavia, è giusto sottolineare che la personalità (con una componente genetica molto bassa) può cambiare grazie all’esperienza e al vissuto.

Con la pandemia e l’esplosione della formazione online, fioccano corsi, alcuni dei quali ben strutturati a livello di contenuti, altri un po’ meno. Quali sono le tue opinioni in merito? Non credi che, essendo troppo accessibili, si possa formare un esercito di persone con competenze non meglio definite?

Dunque… Partiamo dal presupposto che, per quanto mi riguarda, è doveroso formarsi costantemente, senza mai fermarsi. Tuttavia, il traduttore “si plasma” traducendo, questo già dice molto! Ci sono molti studenti eccellenti, altri un po’ meno, alcuni molto dediti, altri meno attenti. Purtroppo ho modo di confrontarmi ogni giorno con una generazione che ha l’errata convinzione che solo recarsi a lezione significhi già saper tradurre. Io, in qualità di docente, ma soprattutto di traduttrice, sottolineo che bisogna studiare, tradurre e fare il tirocinio!
Pur non essendo obbligatorio, io scelsi di vivere quest’esperienza, che si è rivelata molto formativa. Oggi per fortuna lo è, ma, una volta ultimato, credo sia giusto continuare a formarsi e soprattutto a tradurre; se non si ha la possibilità di investire in un corso, si può fare esperienza anche collaborando con associazioni.

Voglio salutarti facendo riferimento alla tua attività social. Quando, come e perché?

Il blog è nato dieci anni fa. Studiavo, quindi avevo più tempo da dedicare alla stesura di articoli che mi sembravano interessanti e, con mia grande sorpresa, furono accolti positivamente da molti del settore, fino a raggiungere un seguito considerevole. Sono stati anni meravigliosi e molto importanti dal punto di vista umano e professionale; ho partecipato a numerose conferenze in centri di diversi paesi (Spagna, Regno Unito, Messico, Perù). Con l’inizio del dottorato, è stato complicato star dietro a tutto. Solo ultimamente ho aperto un profilo Instagram, dove ho ritenuto opportuno focalizzarmi non solo sulla traduzione. Probabilmente, grazie anche alla mia attività di docente, ho avvertito l’urgenza di dare un contributo: è troppo importante saper scrivere bene nella propria lingua, prima di cimentarsi nella traduzione. Come docenti dobbiamo essere mentori e orientatori, affinché si trovi la strada giusta per fare bene, per scoprire nuove cose.
D’altronde, traducir es descubrir, tradurre è scoprire, giusto?
Esattamente!
Grazie Laeticia per la tua disponibilità, gentilezza e professionalità!

Atina Olivieri

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