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Letteratura da paura: gli aneddoti più inquietanti

Avete presente quando si dice che spesso la realtà supera la finzione? La Biblioteca ha selezionato per voi gli aneddoti più inquietanti della letteratura. Tra morti misteriose, scomparse, identità segrete, maledizioni e complotti speriamo di farvi rabbrividire… e non dal freddo!

La maledizione della famiglia Hemingway

Per generazioni, la famiglia dello scrittore americano Ernest Hemingway è stata colpita da innumerevoli tragedie: vera maledizione, genetica o solo “una serie di sfortunati eventi”?

Nel dicembre 1928, Clarence Hemingway, padre dell’allora 29nne Ernest, si sparò con il revolver del genitore, anch’egli reduce di un tentato suicidio. Più tardi, il figlio avrebbe confidato: “Mi aspetto di fare la stessa fine”. E così fu. Nel 1961, Ernest aveva già alle spalle una vita costellata di successi letterari ma anche di tradimenti, incidenti, abuso di alcool, malattie e persino il ricovero in un ospedale psichiatrico, dov’era stato sottoposto a più sedute di elettroshock che ne avevano intaccato la memoria e il talento: “Gli amici ricordano che […] trascorreva […] intere giornate immobile di fronte alla scrivania. Frustrato, raggelato, terrorizzato dall’idea di non riuscire più a scrivere”. Il sole stava sorgendo quella mattina di luglio, quando la moglie Mary Welsh sentì il colpo di pistola.

La sorella minore di Ernest, Ursula, si tolse la vita nel 1965, ingerendo una manciata di pillole. Era affetta da cancro e depressione.

Nel 1982, il fratello Leicester, diabetico, rifiutò l’intervento di amputazione delle gambe e si sparò un colpo di pistola alla testa.

Gloria Hemingway (nata Gregory) era l’ultimogenita di Ernest, descritta dal padre come “la parte più oscura della famiglia, ad eccezione di me stesso”. Soffriva di disforia di genere. Quando la madre morì d’infarto, a seguito di una discussione sulla sua sessualità, Ernest incolpò la figlia. Nel 2001, gli agenti di polizia di Key Biscane, Florida, ricevettero la segnalazione di una persona che camminava nuda per strada; era Gloria con un vestito al braccio e tacchi a spillo neri in mano. Dopo una vita segnata dall’alcol e dalla droga, il suo cuore cedette nella cella del carcere femminile di Miami-Dade.
Il figlio maggiore di Ernest, Jack, aveva tre figlie: Joan, Margaux e Mariel. Joan soffriva di crisi maniaco-depressive e fu ricoverata in un ospedale psichiatrico; nel 1996, Margaux, modella e attrice, si tolse la vita assumendo una dose eccessiva di un farmaco per l’ansia. Anche Mariel soffrì di depressione e pensieri suicidi dopo una vita intera trascorsa a casa, prima assistendo ai violenti litigi dei genitori, poi prendendosi cura della madre malata di tumore. Mariel cercò rifugio, quindi, in diete monotone e ossessive. Oggi, si affida a un’alimentazione equilibrata e a qualche seduta di yoga. Che la maledizione sia stata finalmente infranta?

Per approfondire:

Mio fratello Ernest Hemingway. Un ritratto di famiglia – Marcelline Hemingway Sanford

Una strana tribù. Memorie di famiglia – John Hemingway

Émile Zola è stato assassinato?

Lo scrittore è stato uno dei maggiori esponenti del naturalismo grazie ai suoi romanzi a cui ha sempre affiancato l’attività di giornalista. Il mistero della sua morte sembra proprio legato al celebre articolo “J’accuse…!”, che lo coinvolse nell’affare Dreyfus a sostegno dell’omonimo capitano. Si dice, infatti, che il 29 settembre 1902 Zola non morì accidentalmente, soffocato dalle esalazioni di monossido di carbonio del camino nella sua stanza, ma che si trattò di omicidio. Nel 1953 un farmacista rivelò di aver ricevuto la confessione di Henri Buronfosse, un fumista che raccontò di aver ostruito, con dei calcinacci, la canna fumaria del camino di Zola sfruttando il viavai dovuto ai lavori di ristrutturazione di una casa lì vicino. Il gesto avrebbe radici politiche: l’uomo era un oppositore di Dreyfus, che riteneva responsabile di tradimento e di spionaggio a favore della Germania. La tesi sembra plausibile perché nella canna fumaria di Zola fu davvero reperito un enorme ammasso di detriti. Nel 1990, invece, si fece strada l’ipotesi dell’incidente dovuto alla disattenzione di un operaio che, per sbaglio, appoggiò una lastra di gesso sul comignolo che conduceva alla stanza dello scrittore. La verità non è mai stata scoperta e ancora oggi ci si chiede cosa successe realmente quella notte.

Per approfondire:

L’ultima notte di Émile Zola – Gianni Rizzoni, Alain Pagès

Assassini! L’ultima notte di Zola – Jean-Paul Delfino

 

Albert Camus: il complotto dietro l’incidente?

Lo scrittore di opere come La peste e Lo straniero, che gli valsero il Premio Nobel per la Letteratura nel 1957, morì prematuramente a soli 46 anni. Il 4 gennaio 1960 l’auto su cui viaggiava insieme al suo editore, Michel Gallimard, si schiantò, in direzione Parigi, contro un platano. La versione ufficiale è quella di un incidente dato dalla troppa velocità, e dal conseguente scoppio di uno pneumatico, che li mandò fuori strada. Ma le teorie del complotto non sono mancate: si pensò, infatti, che l’auto fosse stata manomessa a seguito delle molteplici dichiarazioni di Camus contro l’intervento sovietico in Ungheria. Tuttavia ci sarebbero prove che smentiscono questa tesi: Camus aveva pensato di tornare a Parigi in treno tanto da aver già acquistato il biglietto (ritrovato poi nella tasca della giacca). Cambiò idea all’ultimo minuto accettando un passaggio sulla macchina di Gallimard, nota a tutti per la scarsa tenuta di strada. La stessa macchina, però, era rimasta nel parcheggio dell’albergo dove pernottarono, e chiunque avrebbe potuto manometterla passando inosservato. La moglie e la figlia di Gallimard, sedute sui sedili posteriori, si salvarono e raccontarono di un forte rumore prima dello schianto. Inoltre, alcuni testimoni dichiararono di aver visto l’auto iniziare a sbandare senza un apparente motivo poiché la velocità, a dire il vero, era moderata a causa della nebbia che comprometteva la visibilità. La dinamica non fu mai chiarita e lo scrittore se ne andò lasciando incompiuto il romanzo autobiografico Il primo uomo, il cui manoscritto fu ritrovato nella sua valigetta, pubblicato postumo per volere della figlia Catherine. Pare che Camus avesse sempre sostenuto che il modo più assurdo di morire fosse in un incidente automobilistico.

Per approfondire:

Camus deve morire – Giovanni Catelli

Anne Perry: la scrittrice dal passato omicida

Anne Perry, pseudonimo di Juliet Marion Hulme, è stata una scrittrice britannica, regina dei gialli vittoriani, divenuta famosa soprattutto per aver dato vita ai detective Thomas Pitt e William Monk. Pluripremiata, è stata nominata dal Times tra i 100 maestri del crimine insieme ad Agatha Christie e Arthur Conan Doyle. Tuttavia, sulla sua vita di successi ha sempre aleggiato un’ombra di mistero. Era il 1954 e Juliet viveva in Nuova Zelanda con il padre quando, ancora quindicenne, prese parte all’omicidio della madre di Pauline Parker, la sua migliore amica, colpendola ripetutamente alla testa con un mattone infilato in una calza. Pare che la donna non vedesse di buon occhio il rapporto morboso tra le due ragazze. Juliet e Pauline, infatti, furono entrambe segnate da problemi di salute fin dall’infanzia e legate da una grande passione per cinema e romanzi che le portò a creare una realtà parallela lasciando fuori il mondo reale. Dopo aver scontato una pena di cinque anni per concorso in omicidio,  Juliet cambiò nome e si trasferì in Gran Bretagna dove si dedicò alla carriera di scrittrice. La stampa scoprì il suo segreto solo nel 1994 quando un giornalista, dopo l’uscita del film Creature del cielo, riuscì a risalire alla sua vera identità. Anne Perry si è sempre dichiarata colpevole affermando, però, che il suo gesto venne dettato dalla paura che l’amica non riuscisse a sopportare la loro separazione e potesse suicidarsi. La donna ha poi rivelato di aver preso spunto dalla vita dei prigionieri, conosciuti durante gli anni di detenzione, per scrivere i suoi romanzi da milioni di copie. Anne Perry e Pauline Parker non si sono mai più incontrate e la scrittrice è scomparsa ad aprile 2023 all’età di 84 anni.

Per approfondire:

The Search for Anne Perry – Joanne Drayton

Anne Perry and the murder of the century – Peter Graham

Le misteriose avventure, in vita e in morte, di Nikolaj Gogol’

Nikolaj Gogol’ è diventato famoso per racconti cupi e grotteschi come Le anime morte, che lo hanno innalzato alla stregua di un altro maestro del genere, E. A. Poe. Ma non sono solo le sue opere a essere avvolte nel mistero; strani avvenimenti lo hanno accompagnato in vita e in morte.

Diversi sono gli episodi che ci danno un’idea del suo animo tormentato: una volta, in compagnia di pochi amici, d’un tratto disse di sentirsi prossimo alla morte; un’altra, passò la nottata a piangere e a pregare, per poi (presumibilmente) bruciare il secondo libro de Le anime morte; per non parlare, poi, della sua presunta vicinanza alla setta dei “Martiri dell’Inferno”. Il suo stato fisico e psicologico, già vacillante, peggiorò nel 1839, quando si ammalò di malaria: iniziò a soffrire di forti mal di testa che gli impedivano di lavorare, portandolo alla depressione. Per molto tempo rifiutò il cibo, dicendo che stava “inseguendo il diavolo”. A causa della malattia, lo scrittore perdeva conoscenza per ore. Per questo temeva di essere sepolto vivo e fece promettere agli amici di sotterrarlo a distanza di molti giorni dalla morte. Ma i dettagli inquietanti non finiscono qui. Il professor Timofey Granovsky, presente al funerale, raccontò di un gatto nero comparso all’improvviso sulla tomba; nessuno lo vide arrivare né andar via: “Le donne rimasero senza fiato, credendo che l’anima dello scrittore si fosse impadronita del gatto”, commentò. Nel 1931, la salma fu riesumata e si scoprì che il cranio di Gogol era scomparso. Alcuni affermarono che era lì, ma girato, motivo per cui si pensò che lo scrittore fosse stato davvero sepolto vivo. L’assenza del teschio fu confermata da esami approfonditi, che riscontrarono anche otto graffi all’interno della bara. Alcune leggende narrano di un collezionista, che, dopo aver acquistato il cranio, fu colpito da una serie di sfortune e terrorizzato lo consegnò a un pronipote dello scrittore. Altre dicono che fu affidato al comandante Borghese, con la promessa di consegnarlo al console russo in Italia. Il teschio, invece, finì nelle mani del fratello minore di Borghese, che lo portò con sé in un viaggio in treno. Il mezzo in questione si rivelò essere il misterioso Zanetti, scomparso nel nulla il 14 luglio 1911, sulla tratta inaugurale Roma-Milano. Borghese avrebbe voluto spaventare i passeggeri con la reliquia, ma fu lui a prendersi un colpo! Poco prima di entrare in un tunnel, sentì un ronzio e vide una strana nebbia avvolgere l’intero convoglio. Preso dal panico, saltò giù e si salvò. Il teschio di Gogol, quindi, starebbe vagando su un treno fantasma sparito tra l’Emilia-Romagna e la Lombardia… E voi, a quale di queste spaventose versioni credereste?

Per approfondire:

Gogol’s Head: The Misadventures of a Purloined Skull – U.R. Bowie

Nikolaj Gogol’ – Vladimir Nabokov

Perché Agatha Christie scomparve per undici giorni?

Forse non tutti sanno che la regina dei gialli Agatha Christie non si è limitata a scriverli, ma ne è stata addirittura protagonista, fino a scomodare Scotland Yard! La notte del 3 dicembre 1926, Christie decise di far perdere le sue tracce dopo un’accesa discussione con il marito. L’improvvisa scomparsa suscitò tanto scalpore da mobilitare persino scrittori come Sir Arthur Conan Doyle e Dorothy L. Sayers. Dopo numerose ricerche, la sua macchina fu ritrovata abbandonata sul ciglio della strada nel Berkshire, ma di lei nessuna traccia. Dopo circa 11 giorni, la scrittrice si presentò sotto il falso nome dell’amante del marito (Theresa Neele) in un hotel di lusso, affermando di aver avuto una sorta di amnesia. Ci sono tuttavia, varie ipotesi su cosa sia realmente successo: c’è chi dice abbia avuto un incidente d’auto, che spiegherebbe i vuoti di memoria; chi ipotizza che abbia sofferto di un esaurimento nervoso dopo aver scoperto il tradimento del  marito, da cui divorziò subito dopo la scomparsa; mentre altri sospettano che sia stata una subdola trovata pubblicitaria. In effetti, l’evento fu ampiamente trattato dai giornali; ciò nonostante, l’autrice non ha mai riconosciuto o parlato pubblicamente dell’accaduto, limitandosi a scrivere bestseller. Si è addirittura arrivati a pensare che fosse andata in una spa nello Yorkshire, da cui avrebbe inviato una lettera al cognato, al marito e alla segretaria dicendo loro di non curarsi della sua assenza, ma, al di là di quello che è realmente accaduto, ciò che colpisce è che persino i più famigerati scrittori del mistero non sono indenni dal ritrovarsi al centro di un’indagine!

Per approfondire:

Il caso Agatha Christie – Nina de Gramont

Barbara Newhall Follet: la bambina prodigio svanita nel nulla

Nel 1927, a soli 12 anni, Barbara Newhall Follet scrisse il suo romanzo d’esordio La casa senza finestre, un successo immediato. Con il divorzio dei genitori, però, Follet fu costretta per volere del padre a trasferirsi a Los Angeles, che detestava profondamente, tanto che, in un’occasione, arrivò a minacciare il suicidio. In seguito, per far fronte a problemi economici, divenne segretaria in uno studio dove avrebbe conosciuto il futuro marito. Il matrimonio con Nickerson Rogers fu tanto travagliato da spingerla ad abbandonare casa: il 7 dicembre 1939 mise in tasca 30 dollari e partì, nessuno l’avrebbe più vista. Il marito ne denunciò la scomparsa, ma Follet non fu mai ritrovata e sua madre la cercò per anni senza successo. Alcune teorie sostengono che si sia suicidata a causa dei problemi coniugali. Ciò che è interessante è che la sua scomparsa rispecchia da vicino la trama del primo romanzo: una giovane ragazza sola lotta per la propria libertà e decide di lasciare casa per scomparire nella natura ballando in mezzo ai verdi paesaggi della foresta. Potrebbe essere quello che è successo a Follet? Le teorie si dividono tra suicidio e incidente, ma il mistero continua. A distanza di anni, Stefan, figlio della sorellastra di Barbara (nata dall’unione del padre con l’amante), ha creato un sito internet in suo onore, Farksolia (dal nome del mondo immaginario inventato dall’autrice), dove poter trovare tutti i suoi libri.

Per approfondire:

Barbara Newhall Follet: A life in letters – Barbara Newhall Follet

Come Mark Twain predisse la propria morte

Può uno scrittore prevedere la data della sua morte? Un articolo del New York Times riporta alla luce una frase scritta da Mark Twain un anno prima della dipartita: “Sono venuto al mondo con la cometa di Halley nel 1835. Tornerà l’anno prossimo e mi aspetto di accompagnarla.” Anche se non ci sembra necessario presentare il padre di Tom Sawyer e Huckleberry Finn, le date sono importanti: l’autore americano nacque il 30 novembre 1835 nel Missouri e morì il 21 aprile 1910. Sembra che l’intera esistenza di Twain sia stata segnata dal passaggio della cometa di Halley. Mark Twain emise il suo primo vagito due settimane dopo la comparsa della cometa in cielo, nel 1835, ed esalò il suo ultimo respiro un mese prima della sua ricomparsa nel 1910. Mark Twain aveva ragione. Anche se, a detta di chi lo ha conosciuto, il suo cuore avrebbe ceduto per la tristezza causata prima dalla perdita di un figlio poco dopo la nascita e successivamente da quella della figlia Susan, morta per meningite, a cui seguì anche la morte della moglie. Da allora lo scrittore non si riprese più.

Per approfondire:

Autobiografia – Mark Twain

Il misterioso testamento di Margaret Wise Brown

Margaret Wise Brown, autrice per ragazzi, era uno spirito libero. Non si sposò mai e mai sentì la mancanza del grande amore. All’inizio degli anni Quaranta, si trasferì nella casa accanto a quella della migliore amica Joan MacCormick, che viveva lì con il marito e i tre figli. Il più giovane era Albert Edward Clarke, un bambino biondo dai tratti angelici. Ebbene, il testamento della scrittrice rivela che avrebbe ceduto quasi tutti i suoi diritti d’autore a lui… ma per quale motivo? Albert era un ragazzino litigioso che si cacciava spesso e volentieri nei guai e, quando Brown iniziò ad avere successo, aveva problemi con la legge: furto, aggressione e percosse, possesso illegale di arma da fuoco e vagabondaggio. Una volta uscito di prigione, Albert lasciò Porto Rico, moglie e figli per evitare di essere arrestato nuovamente per possesso di droga, senza dare più notizie alla famiglia. Fu l’avvocato di Brown a pagargli la cauzione per farlo uscire di prigione. Come mai? Semplicemente perché, a detta di molti, Brown era la sua madre biologica. Questa affermazione è stata poi smentita, anche se alcuni hanno ipotizzato che Albert fosse nato da una relazione segreta dell’autrice o che fosse il figlio che Brown avrebbe desiderato, tanto da riconoscere in lui la bambina un po’ insolita che lei stessa era stata.

Per approfondire:
In the Great Green Room: The brilliant and bold life of Margaret Wise Brown – Amy Gary

Non possiamo non concludere citando la famosa frase: “Tratto da una storia vera!

Valeria, Giovanna e Monica

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