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Traduttori del passato: Joyce Lussu, traduttrice di poeti militanti

[A cura di Barbara Barnini]

Joyce Lussu, all’anagrafe Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti, chiamata Joyce in famiglia, (Firenze 1912 – Roma 1998) è stata poetessa, traduttrice di poesia e attivista impegnata sul fronte umanitario e anticolonialista. Nacque in una famiglia liberale, bilingue di origini anglo-marchigiane che contava fra i suoi antenati nobili, militari e letterati, e si formò in un ambiente ricco di stimoli politici e culturali che tanto influiranno sulla sua visione del mondo e sulla sua scrittura. Suo padre, docente universitario e primo traduttore del filosofo inglese Herbert Spencer, fu costretto a emigrare in Svizzera nel 1924 per sfuggire alle persecuzioni fasciste, qui Joyce trascorse gli anni dell’adolescenza, imparando il francese e il tedesco, e ricevendo una formazione che la educò al dialogo interculturale.

I numerosi spostamenti tra Germania, Francia e Portogallo le consentirono di fare esperienze culturali diverse: a Heidelberg fu allieva del filosofo Karl Jaspers, alla Sorbonne completò gli studi letterari e a Lisbona quelli filologici.

Tra il 1933 e il 1938 l’attività imprenditoriale del primo marito la portò a viaggiare in diverse regioni dell’Africa e cominciò a interessarsi alla causa dello sfruttamento colonialistico che influenzerà la sua esperienza umana e professionale successiva e la spingerà ad appoggiare la lotta antimperialista e rivoluzionaria dei popoli oppressi. Nel 1965 partecipò alla fondazione dell’ARMAL, l’associazione per i rapporti con i movimenti africani di liberazione.

Al ritorno dall’Africa, militò nel movimento politico liberal-socialista Giustizia e Libertà ed entrò in contatto con quello che diventerà il suo secondo marito, ossia Emilio Lussu, scrittore e fondatore del Partito Sardo d’Azione, con il quale condivise la lotta politica antifascista e la nascita del figlio. Nell’opera autobiografica Fronti e Frontiere del 1946, la Lussu raccontò gli anni della guerra e della militanza con uno stile asciutto e diretto, molto apprezzato dalla critica.

Negli anni Sessanta si impegnò in un’intensa attività traduttiva e, nella scelta degli autori, si manifestò la sua predilezione per le minoranze letterarie e linguistiche, per i rappresentanti di una poesia concepita come espressione immediata dello spirito progressista e del rinnovamento umano e sociale. La conoscenza del portoghese, la lingua delle colonie portoghesi in Africa, si rivelerà uno strumento efficace per la divulgazione della poesia africana di protesta. 

Scrive in Tradurre poesia del 1967:

Tradurre poesia non è arido esercizio accademico e filologico sulle complicazioni grammaticali e sintattiche di una lingua. Tradurre poesia è sforzo per comprenderla, è quasi riviverla. Basta solo (ma è indispensabile) avere col poeta il denominatore comune della posizione dell’uomo nei confronti della vita. E ciò è facile quando, come per i poeti di questo volume, le radici della poesia vanno ricercate nel presente e sono quindi, proprio per questo motivo, volte al domani. Gli autori presentati non hanno fra loro affinità linguistiche o geografiche. Esiste, tuttavia, il filo rosso che li lega e ne motiva la scelta: l’amore per il mondo, l’impegno nella lotta per modificarlo, la carica e l’impegno rivoluzionario in senso storico e politico. 

La Lussu tradusse e introdusse in Italia poeti sconosciuti provenienti dalle più disparate culture e regioni del globo: autori albanesi come Migjeni, Siliqi e Kadare, poeti eschimesi, serbi, danesi, portoghesi come Alexandre O’Neill (di origine irlandese), vietnamiti come il rivoluzionario e politico Ho Chi Minh – primo ministro del Paese e suo presidente dal 1955 al 1969, di cui Joyce tradusse Diario dal carcere – aborigeni australiani, gli afroamericani del black power, i poeti delle colonie portoghesi africane come Agostinho Neto – il primo presidente dell’Angola e leader del movimento indipendentista – i mozambicani come José Craveirinha – il primo autore africano ad aver ricevuto il premio Camões, il più importante riconoscimento di letteratura lusofona – Marcelino Dos Santos, Virgílio de Lemos e Rui Nogar, e i poeti creoli capoverdiani come Kaoberdiano Dambará, pseudonimo di Felisberto Vieira Lopes.  

La Lussu non conosceva tutte queste lingue, ma tradusse in modo alquanto originale per il tramite del francese e dell’inglese che fungevano da lingue di supporto, e di una straordinaria sensibilità interpretativa e comunicativa sviluppata a contatto con i suoi interlocutori, alcuni dei quali conobbe personalmente, come A. Neto incontrato prima a Lisbona e poi a Luanda nel 1976, e il poeta turco Hikmet. 

L’inizio della sua avventura traduttiva è databile al 1958, quando a Stoccolma, dove si era recata in qualità di delegata del movimento pacifista, conobbe Nazim Hikmet, uno dei più grandi poeti della letteratura turca, che era stato incarcerato più volte per istigazione alla rivolta e attività contro il regime. Hikmet le propose di tradurre le sue poesie per farle conoscere in Italia. L’intesa fu subito perfetta, la Lussu instaurò con il poeta turco un dialogo collaborativo molto proficuo, si fece spiegare le poesie in francese, e con l’aiuto di perifrasi e di molta gestualità, riuscì a immedesimarsi nel suo mondo poetico e a coglierne il senso profondo, trasponendolo in italiano:

Non conosco una parola di turco e non so quasi niente della letteratura turca. Ma posso affermare, onestamente, di conoscere a fondo Hikmet, tutta la sua produzione poetica, il suo mondo ideologico, etico, estetico e psicologico, le esperienze che l’hanno formato, gli autori che lo interessavano, la sua città, la sua famiglia, i suoi amici e i suoi nemici. (Da: Il turco in Italia, ovvero l’Italiana in Turchia, biografia di Hikmet di J. Lussu) 

Seguì il suo consiglio di tradurre usando solo parole concrete del parlare quotidiano, comprensibili anche a un contadino analfabeta, di evitare ogni ambiguità e di rendere i versi necessari così come lui li aveva concepiti. Tradusse più di settemila versi e le liriche d’amore furono pubblicate da Mondadori in un’edizione da lei curata con il titolo Poesie d’amore

Joyce Lussu è stata una traduttrice sui generis, molto creativa, sensibile, istintiva e appassionata, ha sempre nutrito un vivo interesse per la vita e la cultura dei poeti da lei scelti, e per le vicende sociali e politiche dei loro paesi di provenienza. La sua attività traduttiva può essere considerata come un’instancabile ricerca linguistica e letteraria, mossa dalla volontà di dar voce ai poeti resistenti, creatori di una poesia vera, diretta, utile, scaturita da situazioni concrete ed esperienze personali di lotta contro l’oppressione. 

Con la traduzione esplorò territori poetici e geografici, viaggiò molto per andare a trovare i poeti, o almeno qualcuno dei familiari, e per procurarsi i Ioro testi. Due casi sono esemplari: nel 1962 riuscì a incontrare grazie ad aiuti consolari A. Neto – incarcerato nella Lisbona di Salazar per attività anticolonialista – e gli consegnò una lettera di solidarietà della comunità europea degli scrittori e il contratto di Mondadori da firmare per la pubblicazione delle sue opere. Per la traduzione delle poesie di J. Craveirinha, si recò a Lourenço Marques, l’allora capitale del Mozambico, dove Craveirinha era tenuto prigioniero (tra il 1965 e il 1969) nella Vila Algarve, un edificio costruito nel 1934 entrato a far parte del patrimonio artistico e che durante l’epoca coloniale era diventato la sede della PIDE, la polizia politica del regime portoghese di Salazar. In un primo momento, la Lussu ebbe la fortuna di essere accolta dalla moglie di José che, contravvenendo agli ordini della PIDE di impedire qualsiasi contatto tra il marito e il mondo esterno, la fece entrare nello studio dove si trovavano i suoi libri e una sua fotografia, permettendole così di immergersi nel mondo poetico di uno dei pionieri della negritudine, il movimento politico-culturale di rivolta contro il regime coloniale. Ma alla fortuna iniziale seguì lo scontro con il fratello di José, João, sostenitore del governo di Salazar, che si rifiutò di darle le ultime poesie del poeta giustificando tra il serio e il faceto la reclusione di José. 

Joyce Lussu è stata sicuramente una delle figure femminili più affascinanti e culturalmente influenti del Novecento italiano, perché ha saputo coniugare l’impegno politico e il lavoro traduttivo con la rigorosa e instancabile volontà di essere testimone dal vivo del suo tempo, dando la parola a quei poeti ai margini del mondo che parlavano di resistenza, che lottavano per difendere la propria identità culturale e il diritto all’autodeterminazione, che con la loro poesia intendevano risvegliare la coscienza morale degli uomini. 

A lei sono stati intitolati il premio annuale di narrativa Città di Offida nelle Marche, tre strade, uno slargo e un’area verde in Sardegna (a Olbia, a Cagliari, a Olmedo, a Muros e a Guspini), due vie nelle Marche (a Fermo e ad Ancona) e un viale all’interno del parco di Villa Torlonia a Roma. In Sardegna un sistema bibliotecario porta il suo nome, così come l’emeroteca della Biblioteca delle Oblate nel centro storico di Firenze. La città natale del marito, Armungia (in provincia di Cagliari), ospita un museo dedicato alla vita e all’opera dei coniugi Lussu. Un monumento funerario in loro onore si trova all’ingresso del cimitero degli artisti e dei poeti a Roma.

Per la sua militanza nella Resistenza, ricevette il grado di capitano e fu decorata nel dopoguerra con la medaglia d’argento al valore militare.

Fonti: 

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