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Traduttori del passato: Émilie du Châtelet e la traduzione dei Principia di Isaac Newton

[A cura di Barbara Barnini]

Gabrielle Émilie Le Tonnelier de Breteuil, marchesa du Châtelet, conosciuta come Émilie du Châtelet (Parigi 1706 – Lunéville 1749) è stata una matematica, fisica, filosofa e traduttrice del primo Illuminismo. Il suo nome è legato alla traduzione in francese del trattato di Isaac Newton Philosophiæ Naturalis Principia Mathematica (I principi matematici della filosofia naturale) del 1687, nel quale lo scienziato inglese formulò le leggi della dinamica e la legge di gravitazione universale. A distanza di 336 anni, l’opera comunemente nota come Principia, continua a rappresentare un fondamentale punto di riferimento per il pensiero scientifico.

Di nobili origini, Émilie era l’unica figlia femmina del barone de Breteuil, Louis Nicolas Le Tonnelier, segretario e introduttore onorario degli ambasciatori alla corte di Luigi IV, il Re Sole, e della seconda moglie Gabrielle-Anne de Froulay. Il magnifico castello di Breteuil, situato a 35 km a sud di Parigi, luogo di ispirazione delle fiabe di Charles Perrault, è la testimonianza tangibile dello stile di vita che la marchesa conduceva con la famiglia. Dotata di spirito vivace e pronto, amante dei piaceri della vita mondana e dei diamanti, riuscì a combinare la passione per gli studi scientifici, la filosofia, il teatro, la musica e le lingue, conosceva il greco, il latino, l’italiano, il tedesco e l’inglese imparato in tre mesi, con un’intensa e brillante vita di società dedita al gioco d‘azzardo. 

In un’epoca in cui alle donne era precluso accedere all’istruzione superiore, oggi diremo alle aule universitarie, e la scienza e la matematica erano considerate appannaggio maschile, la sua formazione si svolse sia come autodidatta e sotto la guida di precettori privati fra cui si distinse il matematico francese Nicolas Guisnée, membro dell’Accademia Reale delle Scienze, sia attraverso confronti critici frequentando i salotti scientifici del suo tempo, a contatto con le più prestigiose personalità nell’ambito della fisica, delle scienze matematiche e naturali, e dell‘astronomia. Tanta era la sua passione per le dispute scientifiche che non esitò a travestirsi da uomo per poter partecipare agli incontri con gli scienziati nel Café Gradot, il caffè parigino più in auge dell’epoca, allora inaccessibile alle donne.

Nel 1725 sposò il marchese Florent Claude du Châtelet, ma il matrimonio dettato da ragioni più politiche che sentimentali non le impedì di avere una vita amorosa alquanto movimentata vissuta con spregiudicata disinvoltura incurante dell’opinione pubblica. Nel 1733 ebbe inizio la relazione più duratura e importante della sua vita, quella con Voltaire, che rimase colpito dalle sue doti intellettuali e la incoraggiò ad approfondire lo studio della filosofia naturale e a divulgare le nuove scoperte scientifiche. Vissero insieme quindici anni nel castello di Cirey nell’Alta Marna, proprietà del marito della marchesa, condividendo l’amore per la scienza e dando vita a un centro di ricerca scientifica legato agli ambienti accademici europei, che includeva un laboratorio per esperimenti, una biblioteca con più di 20 000 libri e un piccolo teatro allestito per le rappresentazioni.

Frutto della loro collaborazione fu l’opera Éléments de la philosophie de Newton (Elementi della filosofia di Newton) pubblicata nel 1738, un saggio che contribuì a divulgare le teorie newtoniane della luce e della gravitazione universale. Sempre nello stesso anno parteciparono al concorso indetto dall’Accademia delle Scienze di Parigi sulla natura del fuoco, presentando due dissertazioni. Il premio fu vinto dal matematico svizzero Eulero, ma la tesi di Émilie dal titolo Dissertation sur la nature et la propagation du feu fu pubblicata nel 1744 dall’Accademia, decretando il suo ingresso nella comunità scientifica francese. Era la prima volta che un testo scientifico scritto da una donna riceveva il plauso dell’Accademia.

Dopo aver dato alle stampe nel 1740 Institutions de physique (Istituzioni di fisica) prima anonimamente poi con il suo vero nome, una trattazione delle teorie del matematico e filosofo tedesco Gottfried Wilhelm von Leibniz grazie alla quale entrò di merito a far parte dell’Accademia di Scienze di Bologna, si apprestò a tradurre in francese i Principia Matematica di Newton. Tradusse la terza edizione dell’opera pubblicata nel 1726 a ritmo serrato concedendosi solo quattro ore di sonno. Émilie si dedicò alla scrittura e alla traduzione con una dedizione che non conosceva sosta, si narra che fosse solita camminare avanti e indietro e immergere le mani nell’acqua gelida per restare sveglia!

La passione per la traduzione risale agli anni giovanili: nel 1718 iniziò a tradurre in francese l’Eneide dal latino, testo usato nelle scuole fino ai giorni moderni, e Aristotele dal greco. Émilie è stata una traduttrice fuori dal comune e viene considerata dalla critica come la creatrice della propria versione del testo originale per aver compiuto modifiche di stile e di contenuto. Al 1736 risale la traduzione dall‘inglese del poemetto satirico di Bernard de Mandeville Fable of the Bees:

 

Sto traducendo La favola delle api di Mandeville; è un libro che merita di essere letto se non lo conoscete ancora. È divertente e istruttivo.

(da una lettera della marchesa Émilie du Châtelet a Francesco Algarotti, 20 maggio 1736)

Ma la resa fu alquanto originale, trattandosi in realtà di una libera trasposizione del pensiero di Mandeville più che di una traduzione! 

Anche la traduzione dei Principia, redatti da Newton in un latino piuttosto tortuoso, reca la sua impronta personale. Émilie era consapevole dell’impresa che si accingeva a compiere traducendo l’opera che avrebbe cambiato il corso della scienza. Per tradurre i Principia erano necessarie cognizioni matematiche molto elevate, bisognava averle chiare in modo da poterle divulgare al pubblico. La peculiarità della sua versione consiste nel fatto che l’esperienza traduttiva si svolse in una doppia direzione: da un lato traduzione dal latino in francese, dall’altro semplificazione di concetti geometrici e matematici complessi, controllando e ricontrollando i calcoli senza perdere di vista i risultati che Leibniz aveva raggiunto nella matematica negli ultimi cinquanta anni, e rimaneggiamento delle ipotesi formulate da Newton. In pratica, Émilie non si occupò solo di convertire le parole da una lingua all’altra, ma spiegò la matematica di Newton traducendola nel linguaggio matematico del calcolo infinitesimale affermatosi nel continente e più facile da capire, perché era dell’avviso che solo pochi nella comunità scientifica avrebbero potuto usufruire dell’opera di una delle più grandi menti scientifiche del diciassettesimo secolo, e di conseguenza prendere coscienza di un nuovo modo di comprendere le leggi dell’universo, nella forma in cui il trattato era stata concepito e steso. 

 

La traduzione dei Principia rappresentò senza dubbio la più ardua fatica della sua vita: un lavoro terribile, come lo definì, per il quale sono necessari una testa e nervi d’acciaio. Vi aggiunse appendici, note algebriche e la prima derivazione della legge della conservazione dell’energia, consapevole del fatto che la scienza moderna non si sarebbe potuta diffondere senza una traduzione e commenti adeguati, contribuendo così a riconoscere l’importanza epocale del pensiero di Newton nell’Europa continentale.

 

La risonanza della traduzione fu tale che Jean-Baptiste d’Alembert la menzionò nella sua Encyclopédie (Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri) lodando la traduttrice per aver tentato di rendere la filosofia newtoniana più comprensibile. 

Una parte dell’opera uscì nel 1756, sette anni dopo la sua morte, con la prefazione scritta da Voltaire e sotto la supervisione del matematico francese Alexis Clairaut, l’opera completa apparve nel 1759. 

A Émilie sono state intitolate tre strade: una ad Alfortville, comune francese situato alla periferia sud-est di Parigi, e le altre due a Cirey-sur-Blaise e a Nancy. Un istituto, diverse scuole, un premio di fisica e un cratere sulla superficie di Venere portano il suo nome. Nel 2019 la posta francese ha emesso un francobollo in suo ricordo. 

La straordinaria vita di Émilie è stata oggetto di tre lavori teatrali: Legacy of Light di Karen Zacharias, Émilie: La Marquise du Châtelet Defends Her Life Tonight di Lauren Gunderson e Urania: the Life of Émilie du Châtelet di Jyl Bonaguro. L’opera Émilie della compositrice finlandese Kaija Saariaho ripercorre la sua vita, la prima è stata eseguita a Lione nel 2010.  

Sono progetti nati dall’intento di restituire la memoria di questa figura femminile – uno dei più grandi spiriti matematici del XVIII secolo – ancora rimasta nell’ombra, alla quale, più che a chiunque altro, va riconosciuto il merito di aver popolarizzato il pensiero filosofico e scientifico di Leibniz e di Newton. La sua storia è stata una lotta tenace per l’affermazione in un campo ritenuto all’epoca dominio esclusivo del mondo maschile:

 

Per prima cosa dobbiamo chiarire chi vogliamo essere, scegliamo il  percorso di vita che fa per noi e proviamo a cospargerlo di fiori.

(Émilie du Châtelet)

 

Fonti: le notizie biografiche su Émilie du Châtelet sono tratte da:

e da me tradotte in parte in italiano.

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