
Lusofoniamo: il mare di Jorge Amado
Sin dagli albori della letteratura, il mare non è solo un semplice sfondo narrativo, ma si fa simbolo e metafora. Le acque salmastre hanno ispirato e continuano a ispirare vari scrittori, raccontando l’infinito, la fuga e il ritorno. Il mare è un elemento imprevedibile, sempre in movimento, che incarna bellezza e oscurità dai suoi profondi abissi.
In questa lunga tradizione, l’autore brasiliano Jorge Amado occupa un posto d’onore. Per lui il mare è una presenza concreta e pulsante che definisce l’identità di un popolo, più specificatamente quello di Bahia, la sua terra di origine.
Jorge Amado nasce il 10 di agosto 1912 a Itabuna. Già da ragazzo dimostra un certo interesse per la scrittura e lavora al Diário da Bahia. Lo stesso insegnante, accorgendosi del suo talento, lo incoraggia a leggere i classici. Nel 1931 pubblica il suo primo romanzo O país do carnaval, in cui ritrae l’intellettualismo e la vita baiana all’inizio del XX secolo attraverso gli occhi di Paulo Rigger, un brasiliano che ritorna in patria dopo anni in Europa, criticando la festa e la cultura del Carnevale. Amado inizia così la sua grande carriera letteraria, ma anche quella matrimoniale sposando Matilde Garcia Rosa e, da questa relazione, nasce la figlia Lila. Lo stesso anno pubblica Cacau, un romanzo reportage sulle piantagioni di cacao, focalizzando l’attenzione su chi si arricchisce grazie ad esse, ma anche su chi ne trae un misero sostentamento. Qualche anno più tardi, l’autore si laurea in giurisprudenza a Rio de Janeiro. Militante comunista, i suoi libri vengono bruciati nelle piazze e lui, in fuga dalle persecuzioni dell’Estado Novo, è costretto all’esilio in Argentina e Uruguay. Nel 1936 pubblica Capitães de Areia, in cui ritrae la vita di giovani delinquenti di Salvador de Bahia, con il mare come sfondo fisico e simbolico, ma l’opera viene sequestrata dalla censura. Si separa da Matilda e, non appena torna nel suo amato Brasile, viene arrestato per poi essere rilasciato, ma tenuto sotto stretta sorveglianza. Il 1945 è un anno di grandi cambiamenti, infatti convola a seconde nozze con la scrittrice Zélia Gattai e viene eletto deputato federale di São Paulo, come membro del Partito Comunista Brasiliano. Da ricordare che Jorge Amado è autore della legge, tuttora in vigore, che garantisce il diritto alla libertà di culto. Nel 1947 nasce il secondo figlio João Jorge, ma tale gioia è disturbata dal fatto che il PCB è riconosciuto come illegale e i suoi membri perseguitati. Jorge Amado scappa con la famiglia in Francia e poi a Praga, dove nasce la terzogenita Paloma. Nel 1955, torna in Brasile, si allontana definitivamente dall’attivismo politico e si dedica solo alla letteratura con uno stile prevalentemente nazionalista. Il 6 aprile 1961 ottiene la nomina alla cattedra numero 23 della Academia Brasileira de Letras, anno in cui pubblica il racconto lungo Os Velhos Marinheiros. Il protagonista, Vasco Moscoso Aragão, sedicente capitano di lungo corso, viene smascherato da Chico Pacheco che rivela la sua vera identità di commerciante senza alcun titolo. Ma durante un viaggio in cui Vasco è al comando, un errore lo rende, per caso, l’unico capace di salvare una nave da un uragano. Torna così acclamato come un eroe e il suo mito, tra realtà e finzione, trionfa. Nel 1963 lascia Rio de Janeiro e torna a Bahia. La vena letteraria dell’autore non ha freni, infatti pubblica opere su opere, tutte tradotte in italiano, come Tenda dos Milagres, Tereza Batista Cansada de Guerra, Tieta do Agreste, Tocaia grande. A face obscura, O milagre dos passaros e l’ultimo nel 2001, A ronda das Américas, anno della sua morte.
La maggior parte delle storie di Jorge Amado sono avvolte da un’aria salmastra, popolata di pescatori, marinai, santi del Candomblé e spiriti, in cui il mare diventa voce del destino collettivo. Grazie a lui, l’oceano non è più solo spazio letterario, ma sociale, culturale e in un certo senso sensuale: un elemento vivo, parte della carne e dell’anima dei suoi personaggi. Il barcaiolo Guma, il protagonista del romanzo Mar Morto (1936), è a mio parere emblema dei suoi racconti di uomini di mare; si tratta di una delle sue opere più poetiche, dedicata alla vita dei marinai di Bahia e delle loro famiglie.
Il mare di Amado ha un ruolo centrale, oserei dire mitico, è una strada segnata dal destino.
“[…] Os homens da beira do cais só têm uma estrada na sua vida: a estrada do mar. Por ela entram, que seu destino é esse. O mar é dono de todos eles. Do mar vem toda a alegria e toda a tristeza porque o mar é mistério que nem os marinheiros mais velhos entendem […]”