Lusofoniamo: Álvaro do Carvalhal e l’oscuro romanticismo portoghese
Halloween è appena passato, ma le ombre non se ne vanno mai del tutto.
Lasciano delle briciole nel cammino in direzione di novembre, il mese in cui il buio si fa più fitto, inspirando autori passati e contemporanei nel tentativo di tracciare quel confine sottile tra realtà e incubo.
In questa atmosfera di bruma e inquietudine, torniamo indietro di più di un secolo per incontrare una figura affascinante della letteratura portoghese: Álvaro do Carvalhal, scrittore del fantastico e maestro del macabro.
Nasce nel 1844 a Pedrela nella regione di Trás-os-Montes e Alto Douro, in Portogallo. Frequenta il liceo umanistico di Braga, dove comincia a pubblicare versi e prosa nei giornali locali, per poi trasferirsi all’Università di Coimbra, studiando diritto. Prende parte alla Questão Coimbrã o Questão do Bom Senso e do Bom Gosto, una polemica culturale tra le generazioni studentesche, sostenute dal movimento accademico Geração de 70, in cerca di rinnovamento estetico e morale, grazie all’introduzione del realismo, e contro il gusto dominante e lo stile conservatore portoghese.
All’età di soli 24 anni, gli viene diagnosticato un aneurisma che lo strapperà dal mondo troppo presto, il 14 marzo 1868. Carvalhal vive con la triste consapevolezza della brevità della vita, ma non si perde d’animo e cerca di dare dignità ai racconti custoditi nel cassetto, poi pubblicati postumi per mano di José Simões Dias.
Nei suoi Contos, i temi oscuri fanno da padroni. L’orrore però non si palesa mai direttamente: è sfumato, serpeggia, si insinua, cresce nella mente dei personaggi fino a deformare la realtà stessa. La paura non nasce da immagini dal significato diretto, ma per ciò che suggeriscono: l’angoscia del peccato, la follia dell’ossessione, il richiamo dell’abisso. Il male non ha sempre sembianze demoniache, ma si cela nei cuori dei personaggi come in A Febre do Jogo che mostra le conseguenze di un delitto involontario figlio della follia.
Os Canibais è probabilmente il testo più conosciuto, e possiede tutte le caratteristiche tipiche del genere gotico: isolamento, orrore, senso di decadenza, elementi sovrannaturali, presenze inquietanti. Carvalhal aggiunge un tocco ancora più noir immergendo il racconto in un’atmosfera boschiva e selvaggia, contornata da suoni inquietanti e ombre.
Il suo linguaggio è ricco, barocco oserei dire ornamentale, con immagini forti, soluzioni espressive che tendono al grottesco e alla drammaticità esasperata.
Carvalhal può essere visto come uno degli anticipatori del fantastico e del weird nella letteratura lusofona. Nel suo oscillare tra generi, mescola romantico, gotico, fantastico, elementi fiabeschi, drammi morali, il che oggi lo rende ancora più interessante da sperimentare.
La lettura dei suoi racconti non è solo per assaporare il brivido, ma per riflettere sul limite, sul desiderio, sul male interiore, sull’ignoto.
Carvalhal, una giovane anima portoghese segnata dalla malinconia e dal fatalismo che ci ricorda che l’orrore può nascere anche tra le righe.